L’intervento di Francesca Larese Filon “Salute e lavoro in un’ottica di genere” ci sottolinea quanto sia utile e importante riflettere su come affrontare, in materia di salute e sicurezza, i problemi correlati alle differenze di genere nei luoghi di lavoro.
In anni recenti è nata la medicina di genere che ha la finalità di “valutare l’influenza del genere nell’insorgenza di patologie, nella risposta ai farmaci e agli interventi preventivi”. Anche la medicina del lavoro ha cominciato a studiare le differenze nelle esposizioni professionali e nell’insorgenza delle patologie lavorative tenendo conto delle risposte diverse e delle suscettibilità che caratterizzano i due generi.
Tuttavia sono ancora poche le valutazioni del rischio che tengono in considerazione anche i rischi connessi al genere. È necessario approfondire tanti aspetti dati troppo spesso per scontati.
Un primo elemento da considerare è che esiste una “segregazione” di genere, cioè che certi lavori sono svolti prevalentemente da uomini, ad esempio nell’edilizia, nella metalmeccanica, nell’industria pesante; mentre altri sono svolti nella maggior parte dei casi da donne, ad esempio le insegnanti, le infermiere, le donne delle pulizie.
Essendo le esposizioni diverse a seconda del genere, perché maschi e femmine svolgono lavori diversi o mansioni diverse, diventa difficile produrre studi confrontando, a parità di esposizione, i due generi.
E’ necessario soprattutto considerare le differenze di metabolismo e di suscettibilità ai tossici.
Esattamente come la donna è maggiormente suscettibile all’alcol a causa di un metabolismo più lento ed una massa corporea minore, essa è in egual modo più esposta agli effetti tossici dei solventi per la sua rallentata funzionalità epatica che si occupa della biotrasformazione della maggioranza dei tossici industriali e voluttuari.
Dunque occorre porre maggiore attenzione al genere femminile e monitorare più attentamente i segni di sovraccarico del fegato e i limiti di esposizione (BEI) dei tossici nelle urine che attualmente sono stati calcolati su lavoratori maschi e quindi non è ben chiaro se proteggano anche le donne esposte. La relazione riporta poi anche indicazioni sull’esposizione ai metalli e, in particolare, al piombo.
Inoltre la donna per la sua struttura antropometrica (essendo più esile e con una massa muscolare inferiore) è maggiormente a rischio di patologie osteoarticolari quando esposta a movimentazione manuale dei carichi.
L’intervento si sofferma anche sulle differenze di genere riguardo ipoacusie, problemi cutanei, asma bronchiale e tumori.
L’ipoacusia da rumore è una delle più diffuse patologie professionali, in questo caso il condotto uditivo delle donne é più efficiente e questo comporta una migliore capacità acustica ed un calo fisiologico dell’udito minore rispetto agli uomini.
Per quanto riguarda le patologie cutanee: risultano essere più frequenti nelle donne in quanto la cute del genere femminile è più sottile e permeabile agli agenti irritanti e sensibilizzanti. Con riferimento ai risultati di alcuni lavori scientifici “a parità di lavoro le donne hanno un rischio di 2-3 volte superiore di sviluppare la dermatite da contatto”. Esiste tuttavia una segregazione di ‘genere’: alcune attività ad alto rischio di patologie cutanee vengono svolte in prevalenza da donne (parrucchiere, infermiere, pulitrici).
Per l’asma bronchiale i dati sono molto contradditori e ad oggi non possiamo dire se c’è un effetto differenziato in base al genere. Guardando le statistiche relative alla popolazione generale, il rischio di asma è maggiore nel maschio in età prepuberale e nella femmina in età postpuberale, per un effetto degli ormoni femminili sulla reattività immunologica.
Infine il rischio di tumore polmonare professionale è maggiormente a carico del genere maschile, infatti, sono i maschi che risultano maggiormente fumatori e più esposti ad agenti cancerogeni professionali. Anche in questo caso la segregazione di genere gioca un ruolo cruciale.
Le indicazioni dimostrano come per molte malattie professionali esista una diversa suscettibilità fra i due generi, legata a fattori anatomici, ormonali, metabolici, ma anche ad una segregazione di genere. E’ necessario considerare il genere sia nella valutazione del rischio che nelle azioni di prevenzione.
Vi riportiamo di seguito il pdf scaricabile sull’intervento “Salute e lavoro in un’ottica di genere” a cura di Francesca Larese Filon (Delegata del Rettore per la qualità degli ambienti e delle condizioni di lavoro, salute e sicurezza dei lavoratori, Università di Trieste).